Disclaimers: tutto
questo avviene dopo 'corrompere la luce', se a qualcuno è scappato questo
capolavoro, fa niente, diciamo che i personaggi di Yoroiden Samurai
Troopers (che non mi appartengono e con i quali non guadagno $$ ... a meno
che qualcuno di voi voglia pagarmi per leggere il seguito ... ma non credo
proprio anche perchè se vi piace l'inizio, il resto ve lo posto anche
gratis!!!) sono stato un po' manipolati dalla mia mente malata per far
saltare fuori questo casino
RINGRAZIAMENTO doveroso alla mia consulente estetico/medica: la mia Ljs!
Senza di lei questa parte non sarebbe mai potuta nascere per cui . .
prendetevela con lei!!! :P!
Ah ... un'ultima cosa e poi vi lascio leggere tra # ci sono le frasi che si
scambiano telepaticamente!
Fili
intrecciati
di Dhely
parte VI
Il portiere dell'Hotel aveva risposto di aver visto un ragazzo come quello
che gli avevano descritto uscire da lì all'incirca mezz'ora prima del
loro arrivo per allontanarsi poi a piedi verso il centro. Aveva scosso il
capo con un sospiro che sembrava davvero addolorato.
"Ma ne ho viste tante di cose, stando qui, e vi posso assicurare che
uno così non deve camminare molto prima di trovare qualcuno che . . bhè,
che si interessi a lui."
Touma ricordava benissimo quella frase, e il tono che aveva usato, e il
nodo che aveva sentito all'altezza del cuore. Infatti non l'avevano
trovato, continuavano a non trovarlo, girando per la città come
impazziti, entrando in ogni bar, in ogni locale, chiedendo di lui a
chiunque, non trovandone più tracce come se si fosse volatilizzato. Shin
al suo fianco era concentrato cercando di trovare almeno un brandello del
suo tracciato mentale ma sapevano che in quello stato avrebbero dovuto
essergli abbastanza vicini perché lo sentisse. Maledizione! Doveva
esserci qualcosa che potevano fare!
Dovevano trovare un modo per . . Touma ricacciò indietro le lacrime che
rischiavano di sommergerlo. Ecco, di tutte le cose che poteva fare quella
era proprio la più stupida. Non ora, non adesso.
Adesso doveva essere forte, adesso doveva cercarlo, poi dopo, forse
avrebbe potuto ritagliarsi un minuto di solitudine per piangere ma non ora
. .
Shin sobbalzò. "L'ho sentito!"
Touma inchiodò rumorosamente in mezzo alla strada, fortunatamente non
c'era nessuno dietro di loro. "Dove?!"
Indicò una piccola strada pedonale che svoltava a destra "Lì in
fondo c'è un bar, sta uscendo."
Touma balzò giù dall'auto. "Io vado, tu parcheggia la macchina e
telefona agli altri! Muoviti!"
*****
Riusciva a essere consapevole solo del sapore orribile che aveva in bocca
e del fatto che ogni respiro gli causava dolore al fianco destro. L'ultimo
cliente era stato violento, forse gli aveva incrinato una costola ma
sarebbe sopravvissuto, per così poco. L'uomo al suo fianco rise
prendendolo per una spalla, gli sussurrò qualcosa ad un orecchio e lui
rispose con un silenzioso cenno del capo; dopo tutto era stanco e non
avrebbe avuto la forza per fare qualcosa di più complesso.
Si sentiva così maledettamente male . . non si ricordava di essere stato
più male di così . . gli girava la testa e il sangue gli batteva
ossessivo nelle orecchie, era gelato, sentiva la pelle ghiacciata tesa su
un corpo di lava tanto era lo sbalzo termico che si sentiva dentro . . ma
che importava? A chi importava? Se non c'era nessuno per cui vivere, non
c'era alcun motivo per stare in vita, dopo tutto . .
Touma riuscì appena a vedere una figura lontana, alta e sottile, tenuta
sotto braccio da un uomo più alto infilarsi in uno stretto vicolo proprio
di lato al bar, la cui insegna lampeggiava fioca nell'aria stagnante di
quella notte che volgeva al termine. Iniziò a correre come raramente
aveva fatto in vita sua, ogni passo gli rimbalzava nel cuore, la vita che
quasi gli passava davanti agli occhi, ogni suo sorriso, ogni sua carezza
se le sentiva addosso e avrebbe fatto di tutto perché ricominciassero.
Quando si trovò all'imbocco di quello squallido vicolo fu subito inondato
da un senso di disgusto indicibile. Era un vicolo sudicio, acque di
reflusso e immondizia ovunque e un uomo in piedi, la schiena contro un
muro. L'istinto fu quello di muovere un passo indietro ma non lo fece. Tra
le sue gambe una testa bionda si muoveva ritmicamente, avanti ed indietro
e Touma deglutì, scioccato.
Seiji . . dio, era . . era Seiji . .
L'uomo grugnì dal piacere poi, prendendolo per i capelli lo tirò in
piedi.
"Sei una vera meraviglia, tesoro."
Seiji si passò una mano sulle labbra e prese le banconote che l'uomo gli
passava senza dire nulla, fissandolo con espressione vuota, poi si strinse
nelle spalle vedendolo allontanarsi, Finchè non incrociò lo sguardo con
quello di Touma, finchè non lo riconobbe.
L'uomo lo fissò sogghignando. "Hai una clientela molto numerosa,
bello! Sono stato fortunato ad incrociarti, pare . ."
Touma non lo degnò di un secondo sguardo, tutta la sua attenzione rivolta
verso Seiji che si faceva avanti, lentamente. Gli corse incontro.
"Seiji! Seiji, stai . . stai bene? Ti . . ti stavamo cercando, è da
tutta la notte . . finalmente ti ho trovato . ."
Seiji si allontanò dalle sue mani e chinò il capo. "Non toccarmi
Touma, per favore."
Si strinse le spalle, come se cercasse di trovare un po' di calore in se
stesso, e continuò a camminare. Come stava male . . come si sentiva
assolutamente male . . e vedere Touma non riusciva ad essergli d'aiuto. Se
avesse saputo quanto voleva essere toccato, abbracciato, stretto, ma con
Touma era diverso, con lui non riusciva a non provare niente, non riusciva
a non illudersi di non amarlo e non . . non voleva più soffrire. No . .
non ce la faceva . .
Tre figure gli correvano incontro. Chi?
Shin gli saltò fra le braccia, piangendo. "Seiji! Seiji stai
bene!"
Ondeggiò sotto quell'assalto, guardandolo come se fosse stato un
fantasma.
Fu Shuu a tirarglielo via di dosso.
"Lascialo respirare. - fissò Touma poi appoggiò le mani sulle
spalle di Seiji scuotendolo piano - Seiji? Seiji siamo noi. Sono Shuu. Mi
riconosci?"
Lo vide annuire in silenzio lasciando cadere le braccia lungo il corpo e
tenere il capo chino. "S . . sì, Shuu . ."
Un sospiro poi si tirò indietro, appoggiandosi al muro con una mano,
tutto il suo corpo che tremava. Touma si fece avanti per sorreggerlo un
attimo prima che crollasse a terra.
"Seiji! "
Shuu lo allontanò da Seiji con un'occhiataccia "Lascialo in pace.
Vederti lo fa agitare non vedi? - poi passò un braccio per sorreggerlo -
Seiji, dimmi, con cosa ti sei fatto?"
Le sue pupille completamente dilatate, i muscoli che gli tremavano senza
sosta, il viso vuoto, bianco e tirato. Le labbra gli si tesero in una
smorfia "Di . . di niente . . ho solo . . bevuto . . - sbatté le
palpebre sfiorandosi la fronte - E poi ho . . preso le medicine . ."
"Che medicine?"
Affondò la mano nella tasca della giacca e tirò fuori una boccetta
arancione, mezza vuota, porgendogliela, poi sospirò chiudendo gli occhi.
"Queste . . ma non . . non voglio tornare a casa . . Shuu . . sto . .
sto male . ."
Si accasciò con un singhiozzo fra le sue braccia, svenuto. Touma gli si
inginocchiò al fianco mentre l'amico cercava di farlo riprendere,
cercando di ascoltare il battito sulla giugulare.
"Non sento il battito . ."
Shuu sollevò lo sguardo e lo puntò su Ryo, corrucciato. "Qual è
l'ospedale più vicino?"
Shin si mise le mani fra i capelli, Ryo indicò la strada su cui erano.
"Vicino, il St. George è a tre isolati da qui. Chiamo
l'ambulanza."
Shin singhiozzò avvicinandosi piano. "L'ospedale? Ma è proprio
necessario?"
Touma era chino su Seiji, sentiva il fiato che gli usciva sempre più
flebile dalle labbra, il tremito che si spegneva lentamente nelle sue
membra . .
Non voglio perderlo, Dio ti prego, non voglio perderlo. Se non deve essere
mio che non lo sia, ma non farlo morire . .
*****
Il poliziotto sospirò ripetendo per la ventesima volta la stessa domanda
per ottenere sempre la stessa risposta. Seiji Date non lavora per nessuno,
non ha un protettore, non crediamo sia stato un tentativo di suicidio, non
sapevamo che andasse da uno psichiatra, non sapevamo che prendesse
psicofarmaci, sì, abbiamo litigato, no, non pensavamo potesse reagire in
questa maniera, non l'aveva mai fatto, no, non abbiamo con noi i suoi
documenti, certo che vive con noi, dividiamo l'appartamento, sì, possiamo
darle l'indirizzo, se qualcuno ci accompagna possiamo andare a prendere i
suoi documenti, certo che è maggiorenne!
"Se qualcuno di voi però si degnasse di dirci almeno come sta!"
Touma sbottò scattando in piedi, iniziando a camminare su e giù nel
piccolo stanzino in cui li avevano fatti accomodare poco dopo che erano
arrivati in ospedale. Gli avevano fatto una lavanda gastrica d'urgenza
dopo che Shuu gli aveva messo in mano la boccetta di medicinali e aveva
spiegato a sommi capi la vicenda, poi non l'avevano più visto, non
avevano saputo più nulla di lui. Erano lì, inchiodati con quel
poliziotto che palesemente stava facendo il suo lavoro, ma . . ma Seiji
era ben più importante . .
Tentato suicidio.
Il verbale della polizia fu firmato con quelle parole.
Tentato suicidio.
Seiji avrebbe tentato il suicidio.
Per la legge psicofarmaci presi con sostanze alcoliche in quelle
proporzioni, a quella quantità era tentato suicidio.
Non disperazione.
Non l'abisso di dolore e umiliazione che c'era dietro.
No, tentato suicidio.
Se Seiji avesse voluto suicidarsi l'avrebbe fatto. Si sarebbe tagliato le
vene con la sua spada e avrebbe atteso con calma la morte. Si sarebbe
piantato la lama perfettamente nel cuore senza emettere un gemito. Quello
era Seiji. Quello era il *suo* Seiji, il Seiji che conoscevano tutti.
Ma era ancora la persona che conoscevano? Touma non lo sapeva, non lo
sapeva più . . e forse non voleva saperlo.
Seiji pareva semplicemente dormire su quel letto, fili che partivano da
qualunque parte del suo corpo, una macchina che rumorosamente seguiva il
battito del suo cuore, le onde del suo cervello, il respiratore come un
grosso mantice che gli spingeva l'aria nei polmoni. In coma. Coma
reversibile. Il suo organismo stava espellendo le sostanze tossiche che
aveva inghiottito e aveva bisogno di riposo, di tutto il riposo possibile.
Così dormiva.
E loro non potevano fare altro che stare lì a fissarlo dormire, il
respiratore che sibilava nella stanza bianca, le onde luminose sullo
schermo che si inseguivano l'una con l'altra, tranquille e placide come
quelle concentriche di un lago; non potevano far altro che pensare,
pensare e ripensare a tutto quello che era successo, senza abbastanza
coraggio per parlarne apertamente, troppo assorbiti dalla preoccupazione,
ma anche consapevole che avrebbero dovuto sistemare le cose prima che
tornasse a casa.
Non sapeva neppure che vedesse uno psichiatra! Era lei quella D. Charlotte
di cui aveva letto il messaggio sul suo cellulare. Era stata convocata la
mattina stessa dopo il ricovero, una donna graziosa e bionda, un forte
accento inglese e aveva insistito per conoscerli.
"Seiji mi aveva parlato molto di voi."
Ryo si passò una mano nei capelli. "Noi invece non sapevamo nulla di
lei."
"Dovete capire, per un carattere orgoglioso come è quello di Seiji
è difficile ammettere di aver bisogno d'aiuto. E soprattutto ammetterlo
di fronte a persone che si stimano."
Touma aveva chinato il capo per nascondere le lacrime. "E adesso che
succederà? Gli hanno fatto una denuncia e . . hanno parlato di periodo di
cura . . "
La dottoressa scosse il capo. "Dovrà stare in cura in ospedale per
qualche settimana, ovviamente se accetta la terapia medica, poi deve
continuare a curarsi ma sono il suo psichiatra e credo che riusciremo a
non sconvolgergli troppo la vita. Dovrete cercare di collaborare un po'
anche voi. . a meno che lui non decida di tornare dai suoi."
Già, anche questa era un'ipotesi da prendere in considerazione. Dopo
tutto quello che era successo, dopo tutto quello che gli avevano fatto . .
come si poteva pretendere che lui fosse ancora disposto a dar loro
un'altra possibilità? Di darla a lui? Touma si sentì stringere il cuore
al pensiero della sua vita senza Seiji ma non poteva permettersi di essere
debole non ora, non ancora . .
*****
Non ci aveva mai messo così tanto tempo a prepararsi nella sua vita. Si
era provato vestiti su vestiti, lui che di solito si infilava davvero le
prime cose che pescava nell'armadio . . ma quella volta era un'occasione
speciale.
Seiji si era svegliato e aveva detto che sì, voleva vederli. Touma si
sentiva il cuore che gli batteva in gola e lo stomaco intrecciato. Loro
erano tutti a casa quando Shuu aveva telefonato dando la buona notizia,
avevano mezz'ora prima dell'orario di visita e l'agitazione che li prese
era tale che Touma si ritrovò a ridere e piangere insieme gettandosi sul
letto, il volto affondato nel cuscino. Aveva avuto incubi su incubi sul
fatto che Seiji non avrebbe mai più voluto vederlo, che lo scacciasse da
quel meraviglioso sogno che erano i suoi occhi violetti, e invece . .
invece poteva rivederli, almeno un'altra volta, almeno ancora una volta .
.
Seiji era seduto sul letto, la schiena appoggiata al cumulo di cuscini che
lo sostenevano, gli occhi chiusi, Shuu era seduto sulla sedia al suo
fianco e lo guardava sorridendo. Il sole che entrava dalla finestra lo
colpiva in pieno, facendolo davvero sembrare una creatura scintillante
d'oro e avorio, se avesse avuto anche un paio di bianche ali piumate sulla
schiena nessuno si sarebbe stupito.
Shuu si voltò verso di loro non appena li sentì entrare e toccò la mano
di Seiji delicatamente, per svegliarlo. Aprì gli occhi piano,
scintillanti nella pura luce del sole come se fossero due prismi che
riflettevano l'universo poi prese un profondo sospiro senza voltarsi.
Shin si fece avanti "Seiji, come stai? Ci hai fatto
preoccupare."
Un lieve sorriso gli increspò le labbra "Sto meglio."
Si umettò piano le labbra mentre Shuu prendeva Ryo per un braccio
tirandolo un po' indietro e scuotendo il capo.
"Ascoltalo. E' una cosa . . grave. " Il suo volto era serio e
tirato, Ryo si tirò indietro.
"Che significa?"
"Significa che . . è da ieri pomeriggio che sono sveglio, Ryo."
Tutti e tre sobbalzarono, fissando Shuu con fare battagliero.
"Perché non ce l'hai detto?"
"Perché - la voce sottile e ancora affaticata di Seiji si impose
sulle altre - perché lui era l'unico di cui avevo la forza di sopportare
la presenza. Mi ha chiarito le idee, era quello di cui avevo bisogno. Voi...
voi mi fate male. Mi fa male vedervi, mi fa male pensarvi. Forse sono
anche io a fare del male a voi. Non vi ho voluto qui prima perché avevo
bisogno di uno come Shuu, una zona franca, che non mi ferisce, che mi sta
vicino senza pretese, senza quegli sguardi, i vostri, che sono come lame e
che parlano di desideri e che sfociano in accuse e colpe."
Touma riprese fiato cercando di rimettere in ordine l'universo che stava
lentamente sgretolandosi intorno a sé. "Seiji . . noi . . io .
.volevo parlarti. Io . . dovevo spiegarti molte cose e . . "
Seiji chiuse lentamente gli occhi. "Lo so, io devo farlo e voi anche
ma . . vi ho chiesto di venire qui perché sappiate che . . lo so ma ho
bisogno di tempo. Non sto dicendo che . . è finita. Che me ne vado.
Che non . . non non voglio più avere a che fare con voi. Volevo solo che
foste consapevoli del fatto che adesso . . non ce la faccio. Ma che non ce
la faccio neanche a fare finta che non sia successo niente."
Silenzio. Shuu chinò il capo mentre Seiji riprendeva fiato.
"Mi scuso per avervi fatto preoccupare così tanto."
Shin si asciugò le lacrime con il dorso della mano, Ryo cercò di
sorridere.
"Non dirlo neanche per scherzo. Per noi . .per tutti noi conterai
sempre moltissimo, anche se tu decidessi che . ."
Non riuscì a proseguire, Shuu gli indicò la porta. "Forse è meglio
che andiate . ."
Li accompagnò fuori, il volto serio e tirato, le mani serrate. Shin
scosse il capo. "Cosa c'è che non ci ha detto?"
"Non so se sapete come sono le procedure per queste cose. Deve farsi
più di un mese qui in ospedale, in reparto psichiatrico, poi verrà
seguito dalla sua psichiatra, ma non sarà facile . . - sbuffò passandosi
una mano fra i capelli - Non volevo dirglielo, volevo lasciarlo
tranquillo, ma lui ha insistito. Non ho potuto dirgli di no."
Ryo gli posò una mano su una spalla. "Shuu, sei l'unico di noi che
in questo pasticcio abbia, mantenuto un certo equilibrio, mi fido."
Shuu annuì in silenzio poi si voltò verso Touma, uno sguardo di ghiaccio
che pareva riuscire a trapassare la porta chiusa di fronte a lui "Mi
spiace Touma. Lo so che speravi . . qualcosa di più, ma dagli
tempo."
Lui annuì. "Non mi dimentico che, in fondo, mi merito molto meno che
questo."
Era vivo, sarebbe stato bene.
Se non avrebbe potuto avere di più, beh, se lo sarebbe fatto bastare.
*****
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